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09.07.2014
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Crisi pesche e nettarine: una soluzione shock è un obbligo morale

Rischia di assumere contorni gravi, con ricadute sull’intero sistema economico-sociale nazionale ed europeo, la situazione che si sta verificando attorno alla campagna pesche e nettarine 2014.

Ciclicamente - denuncia UNAPROA, Unione Nazionale tra le Organizzazioni dei Produttori Ortofrutticoli, Agrumari e di frutta in guscio - ci troviamo a fronteggiare problemi nel settore, ma quest’anno la campagna è particolarmente sotto tono, con prezzi inferiori anche del 40%. Una caduta delle quotazioni dovuta a una complessa congiuntura di fattori, che vanno dal decremento del consumo alle circostanze climatiche, dalle caratteristiche intrinseche del prodotto - connotato da forte deperibilità - alla crisi economica in atto.

Il risultato - insostenibile per le OP - è un prezzo pagato al produttore inferiore ai costi di produzione che lo stesso deve sostenere e che tra l’altro non coincide con un abbassamento del prezzo per il consumatore finale, che si mantiene alto e non proporzionato al valore d’acquisto pagato al produttore. In questo modo sono totale onere del produttore i costi che garantiscono al consumatore salubrità e sicurezza del prodotto, mentre l’onore di questa eccellenza viene del tutto incassata dal distributore che – a suo esclusivo vantaggio – ne fa leva di marketing verso l’acquirente.

Unaproa sottolinea la gravità della situazione e propone una soluzione shock, una via provocatoria per accendere i riflettori sulla crisi e cercare una svolta, senza attendismi né dilazioni. 

«Facciamo fronte comune assieme a Spagna, Francia e Grecia e sospendiamo la produzione di pesche – incalza il presidente di UNAPROA Ambrogio De Ponti -. Serve un gesto shock provocatorio per far sì che vengano finalmente puntati i riflettori sul settore e si colga la reale entità del problema. Chiediamo che vengano definiti a livello europeo, per il tramite del nostro Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, - continua De Ponti -  dei costi di produzione al di sotto dei quali il prezzo pagato ai produttori non possa scendere. È una misura che innanzitutto si appella a una regola etica di rispetto del lavoro, un imperativo morale che impone che sia interrotto il cortocircuito di incompatibilità tra i costi di produzione e quanto riconosciuto dagli acquirenti. I Paesi importatori - spiega ancora il presidente UNAPROA – ci obbligano a produrre certificazioni su certificazioni, con un’incidenza notevole sui costi di produzione, senza garanzie sui prezzi per i coltivatori. Anzi, ben prima della stagione delle pesche, già a febbraio, eravamo a conoscenza di offerte al ribasso promosse dai distributori, non sostenibili».

Dall’Unione dei produttori ortofrutticoli viene indicata una via per aiutare il settore a risollevarsi: «Avanziamo due proposte concrete - illustra De Ponti - . La prima è l’equiparazione per il ritiro della parte residuale di prodotto alle stesse modalità riservate per la beneficenza - ovvero senza il cofinanziamento da parte dei produttori -, tale da consentire almeno la copertura dei costi. La seconda è che la sperimentazione prevista da qui a 2 anni per rendere meno volatili i prezzi attraverso la creazione dei fondi di solidarietà venga anticipata a ora: l’emergenza non è procrastinabile e l’aiuto serve adesso. Inoltre, considerati i costi di produzione inferiori negli altri Paesi esportatori - si parla di circa un 50% in meno per quanto riguarda la Grecia e di un 30% in meno per la Spagna- chiediamo – prosegue De Ponti - al nostro Ministro dell’Agricoltura un aiuto concreto per poter essere realmente competitivi, a cominciare, per esempio, dal taglio dei costi contributivi e da una protezione, laddove c’è produzione locale italiana, del prodotto interno rispetto a quello estero. La posta in gioco – mette in guardia il presidente di UNAPROA – non è di poco conto: è l’implosione stessa dell’intero settore delle drupacee, con i gravi riverberi economici e sociali che la cosa comporterebbe».

Si parla di un settore particolarmente strategico per il Sistema Paese con oltre 1,5 milioni di tonnellate di produzione, rispetto alla quale siamo leader a livello europeo. Infatti, la peschicoltura – dal Nord al Sud del Paese – coinvolge economie e paesaggi di molte regioni italiane con eccellenze qualitative che, grazie a un sistema di produzione che prevede tracciabilità e lotta integrata ferree oltre ai fattori pedoclimatici particolarmente favorevoli, non sono raggiunte né raggiungibili altrove.

«Ci preme in questo contesto sottolineare una volta di più, – conclude Ambrogio De Ponti - prima ancora che come rappresentanti di categoria come cittadini, contribuenti ed elettori dell’Unione europea che, aldilà della crisi contingente, abbiamo l’obbligo di promuovere il consumo di frutta e verdura come incentivo economico-sociale, considerata la sua provata ricaduta benefica sulla salute degli europei e dunque il doppio (indiretto oltre che diretto) impatto positivo sull’economia Ue».